Eccola che passa ancora sotto le mie finestre. Lo farà otto volte al giorno questo percorso. Alla mattina presto per aprire il suo negozio, poi per andare a comprarsi il giornale, più tardi quando va a pranzo e ritorna, al pomeriggio quando esce per bere il caffé o fare un acquisto nella tabaccheria di fronte, la sera quando chiude per andare a casa. Bella è bella, non lo nego, anche mio marito lo dice quando la vede passare: fianchi agili, cavigllie sottili, capelli lunghi e neri che cadenzano la sua andatura sinuosa. "Guardatemi tutti" sembra dire mentre va. Vorrei dirle che la bellezza non basta, a me non è bastata. Ce l'avevo io, anche più di lei, pensavo che sarebbe durata tanto tempo invece se n'è andata in fretta. E cosa mi è rimasto? Un marito, invecchiato troppo presto, che si addormenta in poltrona tutti i pomeriggi fingendo di guardare lo sport in tv, due figli grandi che, appena hanno potuto, sono scappati di casa il più lontano possibile da me, e questo mio corpo informe e goffo, che non mi appartiene più, che evito di guardare allo specchio. Vorrei dirglielo, scendere le scale di corsa, afferrarla per i capelli e urlarle in faccia "Non illuderti, passerà questo momento di gloria, non sentirti speciale, diversa dalle altre, da me che ho trent'anni più di te. Siamo tutte uguali, tutte segnate da un identico destino. Quando sfiorirai, prima di quanto pensi, ti rimarranno solo i panni da stendere, belli dritti così poi fai meno fatica a stirarli".