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 La morte sulla pellicola: ancora Robert Capa

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3 partecipanti
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angelo
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angelo


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MessaggioTitolo: La morte sulla pellicola: ancora Robert Capa   La morte sulla pellicola: ancora Robert Capa EmptySab 26 Apr 2008, 14:32

La morte sulla pellicola: ancora Robert Capa Capa
Robert Capa è stato il primo, nella storia, a fotografare la morte "in diretta": il primo quindi a rivelare al mondo questo attimo che prima era rimasto sempre sfuggente e privato.
Ci sono stati anni di discussione per stabilire se la scena era autentica o costruita, alla fine le ricerche hanno dimostrato che il soldato sta muorendo veramente, si chiamava Federico Borrel, e secondo la testimonianza degli altri commilitoni "morì allargando le braccia e cadendo all'indietro".
Certo è che l'immagine ha una forza rara, e il fatto che sia stata scambiata per una foto costruita è dovuto proprio alla perfezione compositiva: bellissimo, per fare un esempio, il fucile colto proprio nell'attimo che si sta sfilando dalla mano.
Il punto di vista ribassato, inoltre, oltre a dare una certa monumentalità al soldato, accentua il suo movimento all'indietro.
Secondo me, per spiegare la straordinaria popolarità della foto, non bisogna trascurare che il braccio destro è allungato e diritto, come in una crocifissione: nell'immaginario (nell'inconscio?) collettivo di matrice cristiana uccisione e crocifissione sono sempre simbolicamente legati.
Il fotografo Ferdinando Scianna collega la postura del soldato a quella del giustiziato nella fucilazione notturna di Goya,
La morte sulla pellicola: ancora Robert Capa Francisco_goya_fucilazione
secondo me, volendo trovare riferimenti calzanti nella storia della pittura, dobbiamo rifarci a un quadro di David:
La morte sulla pellicola: ancora Robert Capa 466px-Death_of_Marat_by_David
anche qui si rappresenta il momento del trapasso, e gran parte del quadro, come nella foto, è occupato da una zona vuota, neutra, indistinta. Questo vuoto è la metafora della morte stessa, ecco perché il quadro ha una forza quasi inspiegabile, e la stessa funzione ce l'ha (volontariamente o no questo non importa) il cielo senza elementi, senza natura, fatto solo di qualche sale d'argento appena scurito sulla pellicola di Capa.


Ultima modifica di angelo il Mar 31 Mar 2009, 02:26 - modificato 2 volte.
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sonia




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MessaggioTitolo: Re: La morte sulla pellicola: ancora Robert Capa   La morte sulla pellicola: ancora Robert Capa EmptyDom 27 Apr 2008, 17:59

ciao angelo! penso di aver capito qual'è, ma un link a questa foto di Robert Capa ce l'hai??

sonia
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angelo
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angelo


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MessaggioTitolo: rimedio subito!   La morte sulla pellicola: ancora Robert Capa EmptyDom 27 Apr 2008, 23:08

sonia ha scritto:
ciao angelo! penso di aver capito qual'è, ma un link a questa foto di Robert Capa ce l'hai??

sonia

Embarassed non ce l'avevo messo! ne ho fatta una delle mie, comunque l'ho aggiunto, all'inizio del messaggio...
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angelo
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MessaggioTitolo: Re: La morte sulla pellicola: ancora Robert Capa   La morte sulla pellicola: ancora Robert Capa EmptyMar 31 Mar 2009, 02:25

Mi permetto di "rilanciare", se la cosa vi stimolerà, la discussione su questa foto di Capa: non solo per la bellezza intrinseca, ma anche per la storia che porta con sé.
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brian




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MessaggioTitolo: Re: La morte sulla pellicola: ancora Robert Capa   La morte sulla pellicola: ancora Robert Capa EmptyVen 03 Apr 2009, 20:12

Una foto di quelle che sono diventate icone e storia esse stesse. E' interessante vedere che alcuni lavori (non solo e non necessariamente fotografie) assurgono, in virtù di loro qualità intrinseche, di condizioni causali favorevoli, di capacità dell'autore o dello scopritore o di chissà cosa di altro, a veri e propri emblemi, rappresentazioni ed icone di qualcosa.
L'immagine che diventa essa stessa elemento di linguaggio, definendosi direttamente come oggetto di base per ogni luteriore discussione e riferimento.
In questi casi c'è la rappresentzazione immediata, puntuale, contingente di un evento. Ma questo non è più l'elemento portante, caratterizzante dell'immagine, anzi. L'immagine diventa significato e ciò che di contingente vi è rappresentato perde le sue reali connotazioni per assurgere a qualcosa di piùà generale. Un'idea, una condizione, un sogno, una metafora.
In questo caso mi sembra si abbi aproprio questo. L'immagine, terribilmente dinamica e cruda, ma nello stesso tempo tragicamente poetica, di un uomo che muore. In guerra, trascinato via ed abbattuto da un nemico invisibile di cui solo si assume l'esistenza, al di là del fotogramma. L'attimo per eccellenza in cui la vita stringe l amano gelida della morte. Quel solo attimo. E questo è certamente l'attimo del soldato Federico Borrel. Ma non è più solo quello.
Un particolare che è diventato rappresentazione del generale.

Le note di Angelo mi hanno fatto tornare in mente quanto lessi un pò di tempo. Credo sia interessante e pertinente, per cui lo propongo. E mi farebbe piacere continuare un pò il discorso.

Tratto da:
Holiver Wendell Holmes "Atlantic Monthly, Marzo 1857 - Il Particolare.

"Quando il fotografo ebbe lasciato lo studio, non gli fu più possibile copiare gli schemi dei pittori. Non poteva diventare regista di una scena di battaglia come Paolo Uccello o Velasquez, mettendo insieme elementi
che provenivano da tempi e luoghi diversi, e neppure poteva risistemare le parti della sua immagine in modo da costruire un disgno che gli fosse più gradito.
Della realtà che aveva di fronte poteva solo scegliere la parte che gli sembrava rilevante e coerente, e con quella riempire la sua lastra.
Se non poteva mostrare la battagòia, nè spiegarne l'obiettivo e la strategia, nè distinguere in essa i buoni e i cattivi, poteva però mostrare quel che per un pittore sarebbe stato un soggetto fin troppo
comune: la strada vuota disseminata di palle di cannone, il fango rappreso sulle ruote dell'affusto di un cannone, i
volti anonmi, la figura isolata, abbattuta, contro un muro.
Guidato dal suo intuito, cercava e scopriva il particolare significativo. Il suo lavoro, incapace di essere narrativo,
si ergeva a simbolo.

"Che cosa sarebbe l'immagine del tamburo senza quei segni lasciati dalle bacchette, nel punto in cui hanno colpito la
pergamena annerendola?"

Un saluto,

Brian
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angelo
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angelo


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MessaggioTitolo: Re: La morte sulla pellicola: ancora Robert Capa   La morte sulla pellicola: ancora Robert Capa EmptySab 04 Apr 2009, 17:53

brian ha scritto:

In questi casi c'è la rappresentzazione immediata, puntuale, contingente di un evento. Ma questo non è più l'elemento portante, caratterizzante dell'immagine, anzi. L'immagine diventa significato e ciò che di contingente vi è rappresentato perde le sue reali connotazioni per assurgere a qualcosa di più generale. Un'idea, una condizione, un sogno, una metafora.

Fra i tanti spunti che il tuo post offre al lettore, vorrei seguirne uno in particolare, in quanto affronta un problema che mi sta molto a cuore, e ne offre la stessa soluzione che ne avrei data io.
Giustamente poni la distinzione fra significato "contingente" (il qui ed ora del momento rubato alla realtà) e significato generale. E' la distinzione platonica fra fenomeno (quello che accade in un preciso istante e si offre interamente ai nostri sensi) e idea (ciò che è al di là del fenomeno stesso, indiziando una verità più profonda che scavalca la contingenza e si offre come significato generale, elemento che resta, al di là del trascorrere del tempo e del mutare dello spazio).
Alcune foto sono così potenti e rappresentative che non registrano solo il dato momentaneo, ma restituiscono un significato più generale ed "eterno": vale a dire passano dal fenomeno all'idea.
E' il caso dell'immagine di Capa, emblema della morte in quanto tale (dell'Idea della morte) e non solo testimonianza storica di quella morte particolare; ed è il caso di altre foto di altri grandi autori (alcuni ritratti di Merilyn sono solo ritratti di Merilyn, altri sono il simbolo stesso della sensualità e femminilità).

Ma questa impostazione (condivisibile o meno) porta con sé una conseguenza molto importante: ogni foto può essere una menzogna, se la verità che rivela va al di là del mero contingente. Vale a dire: se parlo della morte in generale, e riesco a illustrane l'essenza, posso farlo anche costruendo una scena finta: la mia immagine sarà "falsa" se riferita al piano fenomenico (l'evento rappresentato non è mai accaduto) ma sarà vera se riferita a quello ideale dei significati profondi.

Quindi verità e menzogna, in una foto, sono criteri da applicare con cautela: posso mentire su un piano proprio per essere sincero e veritiero su un altro piano, ancora più importante ed essenziale.

Indro Montanelli ha scritto che le biografie più belle sono quelle inventate, piene di aneddoti che non hanno mai avuto luogo. Ed è vero: un buon biografo deve restituire soprattutto il "carattere" del personaggio, e per far questo può anche inventare un aneddoto, l'importante è che esso restituisca efficacemente la personalità del personaggio di cui si racconta.
L'aneddoto è finto sul piano della mera cronaca, vero su quello più profondo della storia.
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